«I celiaci non possono entrare»: al ristorante scoppia la polemica

«I celiaci non possono entrare»: al ristorante scoppia la polemica



«Per la prima volta, la settimana scorsa, mi è stato detto da un ristorante 'qui non accettiamo i celiaci».

Inizia così lo sfogo di Valentina Leporati, influencer e attivista per i diritti dei celiaci, che ha pubblicato su Instagram un video per denunciare la discriminazione di cui è stata vittima.

Valentina Gluten Free, questo il suo nick sul web, ha deciso di rendere pubblica la vicenda per aiutare le persone affette da questa malattia che, ancora oggi, si trovano in analoghe situazioni spiacevoli ma non hanno la possibilità di far sentire la propria voce.

Nata nel 1988, Valentina è celiaca dall'età di un anno. Una patologia, quella della celiachia, all'epoca quasi sconosciuta fuori dal mondo scientifico. Leporati ha iniziato ad approfondire la questione e ha trasformato la sua malattia in un'occasione di crescita, aprendo nel 2017 una pasticceria per celiaci e diventando il primo forno «gluten free» della sua provincia. «Il problema non è non offrire un pasto sicuro a chi ha esigenze alimentari non tradizionali —spiega Leporati —. Il punto è negare l’accesso a un ristorante a chi sta solo chiedendo informazioni con gentilezza. Per chi è celiaco non è semplice l’iter della prenotazione al ristorante perché significa dover mettere in luce la propria malattia per sapere se il ristoratore è disponibile e preparato in materia. Questo fa sentire chi è celiaco esposto e in difetto già in partenza».



È come se un ristoratore avesse appeso un cartello con la scritta «i celiaci rimangono fuori». «È esattamente questo ciò che mi è sembrato di vedere e di sentire — afferma l'attivista — La frase “tu qui non sei accettato, non puoi entrare” è qualcosa di brutale e violento verso chi si sta esponendo e sta solo chiedendo di poter entrare con la sua compagnia a fare un pasto. I modi sono fondamentali e nessuno si merita di essere discriminato e non accettato con così tanta cattiveria e chiusura».

Valentina ha deciso di non fare il nome del ristorante per non metterlo alla gogna: «Ho scelto di dare visibilità all'accaduto per trasformare un brutto episodio in qualcosa di utile e costruttivo. Ho imparato a fare in modo che ciò che mi fa soffrire diventi qualcosa di proattivo per evitare la stessa sofferenza al prossimo».

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